Dallo scorso mese di aprile sono cambiate le regole per le etichette alimentari. Qui è diventato obbligatorio indicare l’origine degli ingredienti principali, ma solo in alcuni casi. Fino alla fine di marzo, in etichetta, era obbligatorio indicare la provenienza dalla materia prima utilizzata. La nuova etichettatura voluta dall’Unione Europea prevede che solo in alcuni casi sia necessario indicare la materia prima in etichetta.
Il nuovo regolamento Ue si applica soltanto se c’è il rischio che il consumatore si possa confondere sulla provenienza dell’alimento in quanto, sulla confezione, ci sono simboli, diciture o illustrazioni che si riferiscono a luoghi geografici. Se la pasta è italiana, per esempio, compare la bandiera tricolore, ma se il grano utilizzato non è stato prodotto nel nostro Paese, ecco che il distributore lo deve dire chiaramente. Insomma, oggi molte aziende non sono più costrette a indicare la provenienza dell’ingrediente primario. Che, leggendo cosa scrive l’Unione Europea nel suo regolamento, è “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50 per cento di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali, nella maggior parte dei casi, è richiesta un’indicazione quantitativa”.
Il regolamento non comprende anche i prodotti Dop, Igp e Stg, così come quelli a marchio registrato. C’è un rischio che ne deriva ed è forte soprattutto per la qualità del cibo del nostro Paese: chi falsifica il Made in Italy può continuare a vendere in quanto ha un marchio registrato che richiama all’Italia.
Oggi, sulle etichette alimentari, troviamo l’indicazione Ue/Non Ue e anche l’indicazione del Paese o della regione. Ma c’è flessibilità, troppa. Ci vorrebbe un adeguamento che obbligasse a indicare la provenienza della materia prima. Praticamente, si dovrebbe tornare alla vecchia norma.