L’etichetta fa il monaco: il consumatore svela le sue abitudini

L’etichetta fa il monaco. Ovvero indirizza gli acquisti. E descrive le abitudini di acquisto dei consumatori. Secondo il Nuovo Codice Consumi sulla spesa degli italiani, a cura di Gs1, McKinsey&Company e Ipsos, i consumatori sarebbero mossi negli acquisti dall’importanza del brand. Non solo: il consumatore è attratto anche dal nuovo lancio di un prodotto.

Il 55 per cento si dice pronto a sopportare un aumento dei prezzi in cambio di prodotti sostenibili, anche se poi chi indirizza le proprie scelte alimentari verso l’ecocompatibilità è esigua (5 per cento). Per l’attenzione al packaging, chi acquista cerca confezioni riciclabili. Sul fronte della territorialità, il driver principale è il prodotto locale o italiano. È in crescita costante il mercato di Dop, Doc, Igp e simili.

In questo contesto si colloca una ricerca eseguita dall’Osservatorio Immagino Gs1 Italy sul 2021 che analizza da un lato le scelte d’acquisto in base alle etichette, dall’altro il fattore sostenibilità dentro e fuori al prodotto. La ricerca suddivide gli elementi presenti in etichetta in 11 categorie a partire dall’italianità.

Il marker sull’italianità più presente sulle referenze a scaffale è sicuramente la bandiera. Tuttavia, il tricolore fa subire ai prodotti che lo ospitano un calo sul giro d’affari. Flessione anche per gli altri simboli del bel Paese, a esclusione degli acronimi che continuano a conferire forza alle referenze: in particolare, Docg spinge per un aumento del 13,2% sul giro d’affari. Per quanto riguarda le regioni, la segnalazione a pack di provenienza dalla Lombardia spinge il fatturato a +3,8%; ottime performance anche per Marche, Basilicata, Sardegna e Veneto. Contrazione delle vendite, invece, per i prodotti a bandiera emiliana e abruzzese.

La categoria free from nel 2021 non brilla per risultati eccezionali. I trend più significativi sono “pochi zuccheri”, “senza zuccheri aggiunti” e “senza conservanti”. Di fatto si è registrato un decremento dell’uso di zuccheri rispetto al 2020 anche per il ritorno a un’alimentazione più curata post pandemia. Anno negativo per il “senza olio di palma”, che perde appeal dopo gli anni d’oro del boom, stesso risultato per “senza ogm”, dove la lotta agli organismi geneticamente modificati sembrerebbe, oramai, passata di moda. Tra i marker emergenti del 2021 troviamo “poche calorie” che prende piede grazie al successo di energy drink e integratori, “senza antibiotici” e “non fritto”.

Rich-in raccoglie diciture accomunate dalla presenza in grandi quantità di qualcosa. In questa categoria 9 etichette su 12 hanno visto aumentare le vendite. Nello specifico gli elementi del momento sono le proteine e le fibre. La risposta è nel comportamento dei consumatori, i quali coronano le fibre a nutriente vincente per il 2021, riequilibrando un processo di consumo che si era innescato durante la pandemia. Anche le proteine si stabilizzano, frutto di un ritorno a un regime alimentare sano unito all’attenzione per lo sport.

La categoria di prodotti attenti alle intolleranze continua a crescere, con un fatturato di 4 miliardi di euro nel 2021. La celiachia, in particolare, è protagonista come maggiore marker sulle etichette. In aumento le vendite di referenze senza latte, senza lievito, con particolare attenzione per il “senza lattosio” che segna un aumento delle vendite del 4,3%. Altro elemento emergente, con aumento delle vendite del 7,3%, il “senza uova”.

Il mondo del vegano e vegetariano si stabilizza, dopo un lungo ciclo positivo dettato dai trend del momento che frenano dolcemente segnando un calo del giro d’affari. Nonostante ciò, in questa categoria, vegetariano e vegano restano sulla cresta dell’onda. Ma il più diffuso sulle etichette dei prodotti a scaffale è il bio, per il quale si segnala un calo dell’offerta e un aumento della domanda.

Quella degli ingredienti benefici è la categoria più affollata in termini di referenze, con un ruolo preponderante di mandorla, mirtillo, cocco e, non stupisce, avocado, frutto del momento trainato dai trend che lo consacrano come alimento sano, nutriente e legato alle culture alimentari orientali tanto in voga. Per quanto riguarda i dolcificanti, il calo più pesante è stato sullo zucchero di canna, soppiantato dalla stevia. Lato semi, il fenomeno del 2021 è sicuramente la canapa, che diviene una vera e propria tendenza.

L’etichetta più diffusa riporta la bandiera del paese d’origine del prodotto, seguito dalla certificazione Eu Organic, che conferma il trend d’acquisto dei i prodotti biologici. Il marchio Ce è uno dei più performanti che spinge le vendite a +10,4%; drastica salita anche per Fsc (Forest Stewardship Council). Stupisce, invece, la perdita di giro d’affari dei prodotti con il marker “Sustainable cleaning” (-31,9%), ma anche la minore attenzione per le etichette “Cruelty free”.

Anche la tipologia di trattamento di un prodotto scritta in etichetta è un driver importante per i consumatori. Nello specifico, la migliore performance è segnata dal trafilato, complici le paste trafilate al bronzo che sono diventate una vera e propria moda per gli intenditori (e non solo). Tutte le etichette legate all’artigianalità di un prodotto restano importanti per i consumatori, che continuano a scegliere il “lavorato a mano” come segno di genuinità.

L’aumento di consumi sulle paste ripiene muove le scelte delle diciture sulle etichette. Morbido, soffice, farcito e ripieno sono, infatti, le diciture maggiormente trainanti. Segno negativo per “sottile” a causa delle minori vendite di pizze surgelate o pasta fresca non ripiena. Particolarmente negativo il bilancio delle etichette che riportano “cremoso” nel 2021, con un calo nel giro d’affari del 9,1% a causa delle minori vendite di yogurt intero, formaggio fuso in fette, formaggi freschi e panna.

Anche le etichette parlanti dei prodotti per la cura della casa hanno un ruolo essenziale per i consumatori. Nel 2021 biodegradabile si conferma la dicitura più importante con un aumento significativo sia dell’offerta, sia della domanda; risultati, questi, legati a un maggiore utilizzo di stoviglie usa e getta, pastiglie per la lavatrice e tovaglioli di carta. Positivo anche il bilancio per “plastica riciclata” che segna un aumento delle vendite dell’8,4%. Perdono appeal “senza nichel”, “senza fosfati”, “senza allergeni” e, in particolare, “meno plastica”, frutto di un approccio del consumatore che preferisce optare per un prodotto che si definisce totalmente biodegradabile.

La categoria che racchiude i prodotti per la cura della persona ha subito, lo scorso anno, un calo del 4,5% del giro d’affari. Tuttavia, in questo contesto, resta preponderante la capacità attrattiva di “proteggere/riparare” che si attesta sul 17% delle referenze e che occupa il 20,7% del fatturato. È importante distinguere le tipologie di etichette: tra i prodotti free from il maggior giro d’affari è trainato da “senza alcol”, seguito da “senza parabeni”. Ottimo incremento per “senza coloranti”, “senza nichel” e “senza conservanti”. Il “senza solfati” registra il maggior tasso di aumento annuo delle vendite (+30,7%) e non solo cresce la sua presenza on pack, ma sale anche la domanda.

Anche per la cura della persona, nella categoria rich in, le vitamine detengono il monopolio, seguite dall’acido ialuronico e dal collagene. Anche qui, le referenze contenenti ingredienti di origine naturale e biologici mantengono il loro ruolo preponderante e trainante nella scelta d’acquisto.

Nel 2021 il tema della sostenibilità risulta essere quello maggiormente persuasivo, con un prodotto su quattro che presenta questa etichetta. Tra i gli elementi rilevati, “riciclabile” è quello più in uso e ha portato a un aumento del 9% delle vendite. Dopo una crescita esponenziale nel 2020, “compostabile” rivela un ulteriore aumento del giro d’affari anche nel 2021, stessi risultati anche per “biodegradabile” che, dopo il boom dell’anno precedente, nel 2021 resta in crescita, ma con un ridimensionamento. “Ok-Compost” è il titolo best performer dello scorso anno.

Ottimi risultati per tutti i marker legati alla responsabilità sociale (Fsc, Pefc, Utz…), mentre sul benessere degli animali opposte le performance del “no cruelty” e “Cruelty free”; quest’ultimo, infatti, perde di vendite in valore.

Nel mondo dell’agrifood sostenibile, “biologico” è l’etichetta che fa da padrona accompagnata da Eu Organic.

L’indicazione sulla riciclabilità del packaging è sempre più presente sulle confezioni vendute in Italia, comparendo sul 35,9% dei prodotti rilevati dalla ricerca.

Cresce la presenza di pack totalmente (o largamente) riciclabili e, specularmente, diminuisce la presenza di confezioni non valorizzabili tramite raccolta differenziata. Ma quanto pesa la presenza o meno di questa informazione sulle confezioni? Nel 2021 i packaging parlanti hanno sviluppato il 55,9% delle unità vendute rispetto all’anno precedente. Inoltre, gli italiani preferiscono acquistare referenze che dichiarano l’uso di un solo materiale per il confezionamento, a scapito di pack con due, tre, quattro o cinque materiali. Per quanto riguarda il rapporto tra grandi marche e mdd, dai dati risulta che le prime facciano un uso di pack totalmente o largamente riciclabili per più dell’88%, le private label per quasi l’85%. Un risultato che, comunque, risulta equilibrato.


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