Etichette elettroniche: se il cibo sta per scadere l’etichetta avvisa il frigo

A Milano il Centro nanoscienze dell’Iit sta studiando un progetto per rilevare i batteri nei prodotti alimentari grazie a cristalli fotonici digeribili. Meno sprechi e più sicurezza alimentare.

Una confezione in grado di cambiare colore in presenza di contaminazioni: un sistema che, oltre a garantire la salute, servirà a diminuire gli sprechi, avvisando quali prodotti consumare per primi Cristalli fotonici. E addirittura circuiti elettronici ingeribili (e digeribili) contro lo spreco alimentare. Ha il suo cervello a Milano la più ‘sociale’ delle sfide che dovrebbe andare in porto nel giro di qualche anno.

Con il sostegno triennale di Fondazione Cariplo, il nuovo studio sui cristalli fotonici: elementi che ‘negli ultimi tempi hanno suscitato grande interesse – spiega Giuseppe Paternò, coordinatore del progetto – e che noi ora vorremmo utilizzare in grandi numeri per rilevare i batteri nei prodotti alimentari, soprattutto quelli a base di carne e uova’.

Il punto sta proprio in questi ‘grandi numeri’: oggi, infatti, cristalli fotonici in grado di rilevare batteri già esistono. Ma i sensori in cui sono inseriti rimangono chiusi nei lavoratori, fruibili solo con appositi strumenti dagli scienziati di turno. Il ricercatore dell’Iit vuole invece arrivare a produrli su vasta scala, a prezzi ridotti, per rivoluzionare la filiera produttiva del cibo.

L’obiettivo, spiega, è quello di ‘fornire all’industria alimentare delle pellicole in grado di cambiare colore al primo attacco batterico, per esempio dell’Escherichia coli’; sarebbe così possibile ‘rimuovere tempestivamente la porzione di cibo che mostra segni di ammaloramento, scongiurandone l’ampliamento della contaminazione e dunque lo smaltimento precoce’. In concreto, il team di Paternò dovrà realizzare microsensori a base di cristalli fotonici, assolutamente atossici, da poter ‘spalmare’ su tutta o quasi la pellicola a diretto contatto con l’alimento. Scienza, dunque, ma non solo.

La scheda del progetto riporta pure alcuni dati sullo spreco di cibo che, secondo i dati diffusi dalla Fao a febbraio, per i 4/5 avviene nelle case. Raggiungendo in Italia un valore economico di quasi 12 miliardi. Da qui un’altra idea dell’Iit: studiare una tecnologia in grado di avvisare le famiglie quando un prodotto nel frigorifero non è più commestibile, evitando così che sia buttato solo perché arriva il giorno indicato sotto la scritta ‘da consumarsi preferibilmente entro il…’.

Ne ha recentemente parlato al Food&Science Festival di Mantova Mario Carioni, il coordinatore di un progetto da far strabuzzare gli occhi: realizzare circuiti elettronici non solo ingeribili (in medicina, dispositivi diagnostici da espellere a fine esame già esistono), ma anche assimilabili dall’apparato digerente. Con una precisazione: ‘Non si tratta di dar da mangiare circuiti elettronici – ha scandito il ricercatore – quanto piuttosto di giungere a sfruttare le proprietà elettroniche di ciò che già consideriamo cibo, come lo sono alcuni inchiostri organici, arricchendoli di altri materiali che possono diventarlo. L’argento, per esempio, che in quantità limitate viene già usato in pasticceria’.

Il sistema, più o meno, dovrebbe funzionare così: dentro al cibo si mettonosensori in grado di rilevare la decomposizione dell’alimento, realizzati su supporti cartacei del tutto simili a quelli dei tatuaggi per i bambini. Questi sensori comunicano poi all’esterno: con un’etichetta intelligente, ‘smart’, o addirittura con il frigorifero o un’app del telefono. Ad alimentare l’impianto piccole celle fotovoltaiche in grado di sfruttare anche la luce artificiale. I primi risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista scientifica Advanced Materials e Caironi è convinto: ‘Saranno strumenti in grado di evitare lo spreco di cibo su larga scala, ma non solo’. E in effetti, le applicazioni pratiche di questo sistema sfiorano l’inimmaginabile: pillole ‘intelligenti’, per esempio, in grado comunicare in tempo reale la quantità di farmaco assunta. E in quali condizioni fisiologiche.


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